La tassa sui telefonini è qualcosa che risulta ancora poco conosciuta: quando si compra un dispositivo mobile dotato di una memoria digitale infatti, si pagherebbe un contributo al diritto d’autore. La polemica imperversa negli ultimi giorni: è giusto che ciascun utente paghi questo contributo, come se fosse una sorta di tassa quale il canone Rai?
Esso finirebbe nelle casse della Siae, la Società Italiana degli Autori ed Editori, che da tempo chiede un aumento delle entrate per far fronte a tutte le spese: contro i 100 milioni di euro del 2013, sarebbe stata fatta una stima di 175 milioni per il nuovo anno. E’ arrivata però secca la smentita di Massimo Bray, attuale ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Ecco come si distribuirebbe l’eventuale aumento della tassa: 5 volte in più sugli smartphone (da 0,90 a 5,20 euro); i tablet (da zero a 5,20 euro); da 29 a oltre 32 euro sui decoder; in misura articolata per chiavette e hard disk. Scatterebbe poi per tutto l’Iva, al 22%.
Chi è a favore? E chi è contro? Nel primo gruppo c’è ovviamente la Siae, in prima linea per la difesa dei diritti d’autore; nel secondo i big delle telecomunicazioni: Stefano Parisi, presidente della Confindustria digitale, afferma che tale rincaro è ingiustificato e danneggerà lo sviluppo dell’Agenda Digitale Italiana, causando un notevole ritardo rispetto agli altri Paesi Europei. A cercare di risolvere la questione è ora il ministro Bray, che un mese fa ha sospeso tutte le decisioni per aprire una consultazione fra le parti. Il decreto precedente del 2009 è infatti scaduto: si sta lavorando ora verso un compromesso che tenga conto di tutti i pareri, compreso quelli dei cittadini, primi utilizzatori di smartphone e tablet nonché diretti interessati dell’eventuale pagamento. Qualsiasi conferma sulla tassa è quindi rinviata.