Ci sono posti così lontano dall’immagine che abbiamo ereditato da mille film e mille racconti che a volte non credo davvero possibile che l‘America si anche questo. Il fatto è che l’America non è anche questo, ma è questa. Quella delle strade infinite. Quelle dei deserti. Quella delle metropoli. Quella degli altopiani, delle montagne, delle coste senza strade. Quella dell’inverno di 9 mesi o del sole tutto l’anno. Quella dello shopping griffato e quella dei consorzi agrari. Quella dei grattacieli e quella delle fattorie. Non c’è un luogo uguale all’altro. Percorrendo le intrecciate strade americane si scoprono mille diversi modi di vivere lo stesso orgoglio nazionale, la stessa terra e lo stesso tempo.
Entro in autostrada poche miglia fuori da Albuquerque perché non ho più voglia di masticare il mio donuts condito dalla sabbia di queste stradine terribilmente secche. Sarà la stagione calda. Sarà il sole cocente. Sarà la noia, ma oggi metto il cruise control, imposto la velocità scritta sui cartelli autostradali, incrocio le gambe sul sedile e guido. Rilassato. Pensieroso. Curioso. Ma veloce, oggi la destinazione conta più del viaggio!
Mi succede ogni tanto quando davvero lo spazio diventa troppo, i paesaggi monotoni e la voglia di vita “sociale” prende il sopravvento sulla pace di questa terra. Il New Mexico è entrato nel mio viaggio ieri e mi ha stupito con i suoi colori e con il suo innegabile fascino, ma quando tutto diventa troppo anche una villa sulle colline fuori Santa Fè con il viale di ulivi e lo stile indiscutibilmente messicano perde il suo fascino, forse ieri mi sarei fermato a chiacchierare con il giardiniere in camicia a scacchi e jeans wrangler stretti da una fibbia d’orata. Oggi invece voglio cominciare a vedere un po’ di montagne, un po’ di verde.
Si passa il confine con il Colorado seguendo sempre la 25, e i colori cominciano a cambiare come se anche il paesaggio avesse letto il cartello di benvenuto “Colorful Colorado”! E’ lo stato delle montagne rocciose e lo si capisce subito: la strada si infila tra boschi e costeggia pareti di roccia e montagne impegnative, tra fiumi del disgelo appena finito e cartelli che segnalano attraversamenti di qualunque animale esista sulla faccia della terra! Esco a fare benzina poco prima del cartello che indica le miglia che mancano a Colorado Spring e sembra di calarsi nella vecchia corsa all’oro, anche la stazione di servizio sembra uscita da una foto in bianco e nero. “Dlinnn” suona quando arrivo al distributore di benzina. Tutta in legno con quel profumo di chalet di montagna, insegna scolorita, ragazzo che mi lava il vetro con la sua bella divisa rossa e finalmente una persona che non porta più stivali da cowboy ma scarponi da montagna, siamo davvero in direzione nord!
Entro per pagare e in bella mostra il barattolo di wurstel e le uova sode in salamoia, e una parete di carne secca per ogni gusto, ma la mia scelta cade su quella affumicata con betulla e spezie, ne compro 2 “stecche” e ci aggiungo un magnete per il frigo e un adesivo da paraurti con la scritta Colorado.
Colorado Springs è un fortino. Appare così quando mi avvicino ai primi insediamenti urbani, cartelli del’Us Airforce ovunque, università militare, aeroporti e tutto quello che nasce intorno ad una delle più grandi basi militari di formazione dei migliori piloti degli states. Quando arrivo in downtown stento a credere quanto sia perfetta. La città che è a quasi duemila metri di altezza, quindi neve e gelo, in estate sembra una cartolina disegnata sullo sfondo delle montagne rocciose. Parcheggio in un viale alberato con aiuole poco lontano dalla biblioteca pubblica tutta in mattoni rossi. Scendo dall’auto e respiro finalmente un aria più famigliare per chi come me è nato in una città del nord dell’Italia, aria fresca e profumo di monti, (mi sento Heidi). Il centro è vivacissimo, vetrine super chic di tipica arte da montagna, bronzi di bufali, aquile in marmo, tappeti di pellami vari e cappelli da cowboy in ogni materiale e colore che ovviamente vorrei proprio appendere di fianco all’orso imbalsamato davanti al camino del mio chalet ad Aspen!
Insegne e striscioni di ogni tipo sopra decine e decine di bar, è una città molto giovane, qui è esploso alla fine degli anni 90 la New economy tanto da aver preso il soprannome di Silicon Mountain, se a tutti questi nuovi posti di lavoro sommi i molti militari fai presto a capire che qui i fine settimana sono piuttosto impegnativi! Le scritte ed i flyer che pubblicizzano eventi e free drink sono ovunque, locali multipiano con musica live e birra a pochi dollari mi fanno proprio pensare a fermarmi qui almeno questa notte. Il bello dei viaggi on the road senza meta sta proprio in questo, quando trovi qualcosa che merita ci si ferma e la si vive, quando la noia prende corpo ci si sposta. Stasera mi fermo qui.
Prima cosa cerco un wifi, voglio un alberghetto carino e lo voglio trovare subito, quindi mi siedo ad una caffetteria, ordino un caffè e mi connetto alla rete. Conosco ogni modo per risparmiare e per trovare sistemazioni ottime con pochi click, e anche questo pomeriggio non mi sbaglio e in pochi minuti ho una stanza in un hotel del centro a 4 stelle pagandola meno di 30 euro! Prima di andare a prendere possesso della stanza e svenire nel letto super accessoriato passo da un grocery store per prendere un paio di cose commestibili, arrosto di tacchino affettato, del pane a cassetta nero e un cartone di coca light.
Mollo l’auto nel parcheggio interrato, valigia e sacchetto della spesa in mano, check in, e lettone! Sveglia puntata alle 9 di sera per potermi immergere nella movida, dopo giorni di deserto e parchi potrebbero bastare 3 birre e due ragazze anche over 40 per rendere il mio venerdì sera perfetto.
Ecco il motivo per cui tengo sempre una polo pulita e che mi calza a pennello, cammino sicuro entrando al primo locale, ingresso con “I.D. “, come si dice qui, controllo dei documenti, per bere bisogna essere maggiori di 21 anni, e il controllo è tassativo anche per me che per ovvi motivi anagrafici è un po’ di tempo che non dimostro più quegli anni. Mi avvicino al bancone un po’ sgomitando, il tasso alcolico è già ben avviato, la mia birra ghiacciata, è “on tap” così si chiama la birra alla spina, servita in un boccale appena tolto dal freezer e che costa $1.75!!! ecco perché sono tutti sbronzi. La bevo alla velocità della luce e ne ordino un’altra mentre l’atmosfera si scalda e la cameriera molto abbondante sotto la scollatura sale sul tavolo e dà inizio alle danze tra fischi e urla il locale si trasforma in un delirio. Sarà una lunga nottata, un pensiero che si conferma alla terza birra e ai sorrisi delle amiche che mi guardano in fondo al bancone. Passo sicuro. Sopracciglio aggrottato. Pensieri veloci per trovare una frase brillante e tradurla nei prossimi 4 passi. Sorriso scintillante e l’innegabile fascino italiano, che qui in mezzo ai monti non può che essere il miglior biglietto da visita. E così fù: balbetto, inciampo, mi appoggio al bancone rovesciando mezza birra sul pavimento, nemmeno al liceo durante l’ora di inglese faticavo tanto a coniugare un verbo, saranno i suoi occhi, sarà l’atmosfera, saranno gli sguardi delle amiche, o forse sarà solo la birra. Spero domattina di ricordarmi almeno il suo nome.
di Manuel T.