Quello che tutte le volte cerco di spiegare alle persone che mi chiedono informazioni sugli Stati Uniti è che la vera essenza di quella terra non la si scopre quando si passeggia per le vie di qualche famosa città, ne quando si fa shopping nella quinta strada che ogni metropoli da queste parti chiama a suo modo, ne tanto meno quando si cerca disperatamente un ristorante italiano dove mangiare delle disgustose tagliatelle all’Alfredo, e io ogni volta mi riprometto di voler conoscere questo famoso “Alfredo” che è riuscito a brevettare una pasta al burro che nemmeno nelle mense ospedaliere servirebbero.
La vera essenza di questi meravigliosi stati la si trova nello Spazio. Lo spazio tra una città e l’altra. Lo spazio tra un insegna luminosa e una foresta infinita. Lo spazio che si respira appena lasciato il cemento delle città. E questa sensazione è difficile da descrivere, puoi percorrere miglia e miglia di rettilinei lasciando alla tua sinistra solo qualche cactus arso dal sole dell’arizona, o arrampicarti per miglia sulla sierra nevada sentendo scivolare le ruote ad ogni tornante innevato, e quando si parla di distanza, si parla davvero di distanze.
Quindi abbandono subito le vie percorse dai pendolari che da ogni parte della città si muovono freneticamente in mille direzioni e si prende la Highway 605, la via che da L.A. và in direzione di Las Vegas tanto per capirci. Si lascia il traffico devastante e si guida finchè cominciano a diradarsi le insegne e i concessionari di auto immensi.
Los Angeles ha le dimensioni della Toscana quindi ci metto una bella mattinata solo per raggiungere Baldwin Park periferia nord e nemmeno molto raccomandabile. Baldwin park non suona molto familiare a nessuno, ma in questa piccola città hanno fondato il fast food che più di tutti rappresenta il vivere californiano, In-N-Out, lo si vede sugli l’adesivi appiccicati sui paraurti di tutte le macchine, dai gadget che qui si vedono ovunque e che rendono omaggio al pensiero della west coast. Qualche centinaio di ristoranti sparsi in 4/5 stati ancora di proprietà della famiglia che li ha fondati e in cui si cucinano solo tre diversi tipi di hamburger e rigorosamente con prodotti locali e freschi, non si può pensare ad una vacanza in cui non ci si faccia una puntatina.
A Baldwin Park visito il primo store, faccio qualche foto, compro un bicchierino di polistirolo con il marchio della catena da attaccare in cima all’antenna dell’auto e tutto soddisfatto decido che la colazione da campione non può mancare, ordino un hamburger con patatine (pelate e tagliate a mano davanti ai miei occhi prima di essere fritte) e me lo mangio al sole di questa mattina seduto sui tavolini di cemento posti sulla terrazza e mi gusto il panorama di una periferia in cui ti aspetti da un momento all’altro una sparatoria!
Appena raggiungo San Bernardino le colline verdeggianti con ville e quartieri residenziali ti accompagnano fino alla highway 15 lasciando alle spalle una Los Angeles ormai in piena attività. Si diradano sempre di più anche le case e gli impianti di irragazione cominciano a non esserci più: tutto il paesaggio cambia colore si dipinge brullo e poco accogliente finchè poi terriccio e cespugli diventano i tuoi nuovi compagni di viaggio!
Guido senza nemmeno farci caso e seguo questo serpentone di auto che si muove verso la mecca del gioco d’azzardo.
Si passano poche città e l’unica degna di nota è Barstow, la cito giusto perché mi sono fermato a fare benzina e a sgranchirmi le gambe, 34° il termometro della mia auto segna, un caldo secco, nemmeno un filo d’aria, e tutto intorno sembra reduce da un incendio, in realtà questo è l’incrocio della strada che ti conduce alla valle della morte, e se questo è l’inizio non posso pensare a quanto caldo possa fare di questi tempi in quel forno di depressione, risalgo nella comodità dell’aria condizionata, azzero le miglia e riparto. Si continua a salire ancora per molte miglia supero un passo di montagna a oltre 1500 metri prima di scivolare fino al confine con il Nevada.
Nemmeno 1 metro dall’ingresso dello stato più libero d’america trovi alla tua destra un casinò enorme, alla tua sinistra un altro casinò, un centro commerciale, un bordello e un rivenditore di alcolici, tutte le cose che rendono famoso questo stato!
Las Vegas è una macchia di luce in fondo all’orizzonte, la sera ormai scesa mi fa godere un paesaggio unico, un deserto buio con un punto luminoso. Cresciuta a dismisura negli ultimi anni è diventata una città da 6 milioni di abitanti, ma la cosa che la rende unica è la moltitudine di visitatori che ogni giorno dell’anno la affolla. Consiglio: andateci domenica o lunedi, potete trovare alberghi incredibili a prezzi abbordabili che nel fine settimana decuplicano i prezzi. Le strade sono già piene di gente, in macchina si cammina a fatica, la strip è già in piena forma, parcheggio poco lontano da qui e mi infilo subito al Planet Hollywood Resort uno dei mille hotel super moderni e super luccicanti, scelto non a caso ma perché da qualche parte ho letto che c’è il Sushi buffet “Todai” è il migliore della città e visto che Las Vegas è famosa per i buffet se dicono che questo è il numero uno ci devo “cascare” per forza. Camminerò il resto della serata barcollando per quanto mi abbia soddisfatto questo ristorante, decine di portate diverse e ogni genere di sushi/sashimi che io nemmeno credevo esistessero, e meno male che il gelato al tea verde era senza grassi!
Percorro il miracle miles dentro l’albergo, un km e mezzo di shopping indoor, e ogni tanto piove pure (simulazione di temporale all’interno del centro commerciale con pioggia vera!) e raggiungo la strip, occhi all’insù, sorriso sognante e mi lascio avvolgere dall’atmosfera unica che si vive qui, una Disneyland per i giocatori, una città incredibile, che se non la si vede non si riesce a credere. E io cammino. Entro ed esco da casinò mitici, come il Caesar o il Bellagio, mi rifaccio gli occhi con le bariste del Coyote Ugly nell’hotel NewYork NewYork e come un bimbo in gita passeggio perdendo di vista l’ora e gli spazi, per ritrovarmi dove finiscono gli hotel e le luci, lontano non so quanto dall’auto e con i piedi che urlano pietà! Ma non dimentichiamo che qui siamo in un paese di pigri ciccioni, quindi, appena girato si potrebbe prendere pure una monorotaia che mi riporta indietro, ma l’energia di tutto questo scintillio mi spinge ad attraversare la strada e ritornare sui miei passi non prima di aver comprato un bicchiere lungo mezzo metro di CocaCola nello store omonimo della famosa bevanda.
Troppo spilorcio per avvicinarmi ad un tappeto verde, ma qui credo di essere l’unico a non farlo, ma del resto i tavoli da gioco hanno anche puntate da pochi dollari e nessuno si formalizza per il vestito, l’accento, la birra in mano e nemmeno il sigaro! Gironzolo per le sale da gioco prima di capire che la mezzanotte è passata da un pezzo. Ritrovo la macchina e sedendomici sopra raggiungo un piacere unico di pace “c’è l’ho fatta”!
Accendo l’auto e ritorno sulla strip, mi fermano subito per darmi decine di volantini che pubblicizzano donne splendide disposte a raggiungerti in qualunque stanza e realizzare ogni tuo desiderio, ne prendo qualcuno giusto per souvenir, e mi chiedo se mi raggiungerebbero pure sul sedile della mia auto visto che per questa notte non ho prenotato nessun hotel e l’area di sosta in autostrada sarà la mia camera… sorrido accendo la radio e torno a guidare nel mezzo della notte, nel mezzo del deserto.
di Manuel T.