Ho capito in molte miglia percorse e in molte città dimenticate troppo in fretta che spesso guidare negli Stati Uniti è solo uno spostarti ad un ritmo costante e piuttosto noioso tra un punto ed un altro su una cartina consumata. Questa è una considerazione che sbatte contro i principi che fanno essere un viaggio tale: la metà è solo la scusa per iniziare a viaggiare. Poi invece ci si innamora di lunghe notti fatte a guidare e a lasciare che il buio intorno crei quella sorte di spazio surreale che lascia spazio alla mente di viaggiare al posto tuo.
Allora mi godo un film in una multisala deserta di un lunedi sera di una Chicago ormai diretta verso l’inverno, e qui l’inverno è fatto di temperature polari, neve come se fossimo sulle alpi, e da quel gelido vento che spira dal grande lago. Entro nel Dunkin’ Donuts appena fuori dalla highway e si ordina il solito caffè alla vaniglia.
Mi siedo con gli occhi che guardano fuori dalla vetrata e osservo i colori che lo skyline della città disegna con riverberi di mille luci sul cielo in cui non si riescono a scorgere ne stelle ne luna. Pensieri e riflessioni. Nessun albergo prenotato, nessun programma per la giornata successiva, e nessuna voglia di fermarsi. La macchina ha già il pieno, penso, raggiungo il bancone del Dunkin, ci sono ciambelle ipercolorate in una rastrelliera sulla parete, con un gigantesco spot “Pumpikin is back!” se tornano anche i donuts alla zucca significa proprio che è autunno inoltrato, la ragazza afroamericana che leggeva annunci su un giornale locale mi dedica 30 secondi di attenzione, ordino una tazza enorme di caffè sapendo che quello sarà il compagno della mia notte. Salgo in macchina, incastro la tazza, accendo la radio e accendo il motore, prossima fermata Minneapolis.
Viaggiare la notte in questa parte del mondo mi piace sempre moltissimo, deve essere per la pace che regna, per le strade infinite non illuminate, o per quei pochi disperati che incontri e che ti tengono la mente impegnata fantasticando sul motivo del loro viaggio notturno. Io di notte adoro guidare, canto una canzone mentre mi ustiono con il caffè che il contenitore in polistirolo mantiene a temperature impossibili.
Ogni volta che prendo una strada ho nella mente l’obbiettivo che mi porta a percorrerla, Minneapolis è solo un indicazione sui cartelli stradali, e mancano ancora più di 300 miglia, ma la vera meta è Bloomington, un paesino che si trova a fatica pure sulla cartina, ma che tra laghetti in ogni angolo (il Minnesota è la terra dei mille laghi) ha una cosa che la rende imperdibile: Mall of America! Detto così pure io avrei fatto quell’espressione, ma come si fanno 800 km per un centro commerciale?? Attenzione, ora faccio davvero un po’ la guida turistica, non è un “centro commerciale” è il più grande centro commerciale degli stati uniti, ed è una delle attrazione più visitate al mondo, ancora indifferenti? Ok, mettiamola così, 520 negozi, oltre 50 ristoranti, ed un parco divertimenti interamente al coperto con montagne russe e ogni genere di follia.
Il parcheggio è ovviamente vuoto, del resto alle 7 di mattina ci sono solo pochi folli che arrivano a cercare posto, considerando che il centro apre alle 10. Poco grave, non ho chiuso occhio, cerco un posto vicino ad una delle infinite porta d’accesso, abbasso il sedile e mi faccio un paio d’ore di sonno.
E io che lo shopping americano lo vivo da sempre, credevo che non esistesse nulla del genere, 4 piani con km di corridoi e negozi che si alternano a ristoranti ma la cosa che lascia davvero senza fiato e che qui tutto è oltre modo unico. C’è un acquario con oltre 10.000 animali marini, un ottovolante che sfiora la copertura in cristallo dell’area centrale di oltre 7 acri (come recita la locandina!) non manca nemmeno un cinema con 14 sale. Io cammino senza nemmeno pensarci molto per questi corridoi infiniti entrando ed uscendo da ogni tipo di negozio, in Minnesota non ci sono tasse su abbigliamento e scarpe, e quando leggi “SALE” sulle vetrine non puoi che entrarci. Passano le ore senza nemmeno capirlo, le luci artificiali, i profumi ovunque, la temperatura piacevole e il crampo alla mano per troppe sigle fatte su ricevute delle carte di credito mi fanno perdere la cognizione del tempo. Mi fermo in una delle innumerevoli food court e mi riempio il piatto di Bourbon Chicken e riso, brandelli di pollo conditi con una salsa che loro chiamano tipica del south ma che in realtà fa prendere a tutto il piatto un sapore dolciastro e commestibile!
Sguardo dalla balconata che inquadra uno store Lego con mille costruzioni di mattoncini, e penso a quante volte sfinito mi sono trovato ad appoggiare i piedi sulla sedia di un Mall o di un outlet. Ne trovi di tutti i tipi negli states e per tutte le tasche, anche degli stessi brand spostarsi da una zona all’altra può fare la differenza sui costi, ci sono mall di lusso come a Palo Alto, dove allo Stanford Shopping center per entrare nello store di Ralph Lauren passi attraverso ad una stalla ricostruita con tanto di selle e fieno sul pavimento, e dove se come me sei in calzoncini corti e tshirt ti senti un po’ fuori luogo, ci sono mall di periferia come l’Ontario Mills fuori Los Angeles dove trovi store di tutti i tipi e outlet più rari come quello di Abercrombie, e la clientela di periferia non fa una piega per le mie infradito. Paradiso dello shopping sono sicuramente le città per “turisti”, se si fa una puntatina a Orlando (regno Disney) o a Las Vegas (regno di fiches) ci si trova di fronte a km di mall e negozi per ogni follia.
Ho comprato delle bottiglie d’epoca di CocaCola per 20 dollari tutto contento sulla strip di Vegas nello store della casa, senza dimenticare le orecchie di topolino da attaccare all’antenna dell’auto comprate sull’universal drive ad Orlando.
Mi alzo dalla sedia con i piedi doloranti e mi rendo conto solo ora che potrei essere ad un ora di strada dalla mia macchina e che nemmeno so dove diavolo abbia parcheggiato, non importa, anche questo è America, prendo i miei sacchetti, sorrido e mi incammino tranquillo, tanto stanotte non si guida.
di Manuel Trip