Come nasce un talento? Soprattutto: come si sviluppa il potenziale di un ragazzo che, in campo e fuori, sembra avere enormi margini di crescita? Lo spiega in maniera chiara l’intervista a Simone Tartarini – il coach di Lorenzo Musetti che sta lavorando con lui per cercare di renderlo uno dei migliori tennisti dell’intero circuito mondiale: “Lo scorso anno l’investimento principale era quello sui cambi veloci per provare a migliorare l’atteggiamento in campo e cercare di giocare più avanti.
Lui quest’anno voleva provare a giocare sulla terra rossa, perché lui si sente meglio su quella superficie. Io non ero convintissimo, ma lui ha 21 anni, voleva provare e alla fine sono comunque contento di aver provato. Però ci siamo accorti che si tratta di una trasferta durissima, su una terra battuta che non è la terra europea, e con tre tornei che si disputano in tre situazioni completamente diverse: lui non era pronto per questo. Si era creato aspettative troppo alte, convinto di andare là e spaccare il mondo, e si è messo addosso troppa pressione”. Tentare, sbagliare e ripartire dopo che il percorso si è inceppato: “Sono contento di aver fatto questa esperienza, non so se la faremo il prossimo anno, ma a 21 anni facciamo degli investimenti per poi fare delle scelte più informate in futuro. L’esperienza è stata negativissima, molto pesante, ma gli ha fatto scavare dentro e capire diverse cose di se stesso”.
Musetti e la prospettiva dei tornei sull’erba: “Bisogna adattarsi alla superficie”
Toccherà quindi seguire con grande attenzione le prestazioni di Musetti, provando magari ad analizzare le ultimissime statistiche sulle scommesse live online nel caso in cui venissero fuori i progressi immaginati in allenamento già dopo qualche game: “La peculiarità principale dell’erba è che la palla scivola, e quindi arriva sempre – continua a spiegare il coach del talento azzurro – Di conseguenza bisogna sempre andare incontro alla palla, non la si può aspettare. Bisogna essere subito molto aggressivi, colpendo la palla dall’alto al basso, perché se la si gioca in maniera ascendente non è efficace. È un po’ quello che dico sempre a Lorenzo e che a volte non fa: non è necessario snaturare il proprio tennis, perché quando lo si fa diventa poi difficile avere un’identità, ma l’obiettivo di base è quello di colpire la palla mentre sale e farla scendere. E poi bisogna costruire una tecnica intorno a questo principio”. La speranza è quella di non naufragare come accaduto in precedenza con le gare sulla terra rossa.
Coach Tartarini non ha dubbi: “Quando gioca il suo tennis vale i primi al mondo”
L’importante, soprattutto quando si è giovani e di prospettiva, è avere l’ambizione di non porsi limiti a breve termine, né porre dei paletti a un eventuale sviluppo futuro: “Lorenzo, quando esprime il suo tennis, vale i primi 7-8 del mondo; quando invece non lo esprime vale un tennista fuori dai 100. Il problema di Lorenzo non è il livello tecnico-tattico, che per me è anche migliore a quello di tanti altri, anche Top 10. Solo che per essere in quelle posizioni di classifica bisogna vincere le partite anche quando le cose non vanno bene. Lorenzo, invece, quando le cose non vanno bene, va troppo presto in frustrazione e butta via la partita. Il problema si origina soprattutto da un problema tecnico: quando non sente bene un colpo, come il servizio per esempio, va in frustrazione e non prova a vincere comunque la partita”. Cambiare atteggiamento, prima ancora che tecnica – la modifica e lo scatto più complicato da fare per ogni tennista: “Per salire in classifica bisogna imparare ad essere più costanti: Lorenzo è arrivato alla classifica attuale con 13 sconfitte al primo turno. La forbice tra “far bene” e “far male” è ancora troppo ampia per lui, deve imparare ad essere più costante”.