C’è stato un tempo in cui la cultura hip pop si era radicata nel vecchio continente, espatriando di peso dalla sua genitrice americana.
I risultati? Aumento delle vendite di vestiti per obesi, di collane pacchiane color oro e un incremento spropositato di adepti al culto della break dance. Con tutta la simpatia che si possa provare per i rapper, a un certo punto, ci hanno portato a un livello di saturazione da machismo e volgarità gratuite tale che oggi veneriamo, senza distinzioni di classe o sesso, l’icona gay per eccellenza, Lady Gaga.
Ma il vero danno che lo yo yo style ha portato non sono solo le visiere, le tute da ginnastica esagerate e i pantaloni a vita iper-bassa. Il vero male stava nel mood che questo modo di proporsi causava sulla gente. Il mondo si proiettava ciecamente nel ruolo pubblico di uomo tormentato che Eminem presentava e moltissimi ragazzi amavano creare parallelismi tra la propria immagine e quella del protagonista della storia maledetta che il rapper portò al cinema.
La sensazione era di vivere in un mondo di frustrati, di incompresi che adoravano però l’auto-isolamento. Nessuno si sentiva accettato pur non chiedendosi da chi sentissero il bisogno di essere accettati e tutti si innalzavano a denunciatari di un mondo “che non va”, scoperta che si piazza al secondo posto delle invenzioni che hanno cambiato il mondo dopo la ruota.
Oggi, di questo stile è rimasto qualche strascico che tende nettamente verso il punk e il genere borchiato. Il resto è stato assorbito poco dalla cultura modaiola odierna e quel poco che è sopravvissuto è stato ridimensionato. La vita bassa oggi è nettamente più morigerata pur rimanendo costante il leggero contrasto cromatico con l’intimo. Il berrettino si continua a portare ma non più di traverso e la piastrina oramai la si vede al collo solo dei cani domestici.