Il vintage è una visione nostalgica e innovativa di moda. Gli oggetti oggi diventati di culto sono la pelle, le borchie, le converse ed il denim. L’esigenza che può portare a questa rivisitazione, in chiave moderna, di ciò che poteva essere considerato fashion decenni orsono, nasce probabilmente dall’eccesso di opportunità contemporanee. Tra brand più o meno validi, più o meno costosi e più o meno creativi, l’imbarazzo della scelta è immensa.
Perciò sembra sempre meglio approdare verso mari già esplorati e ampiamente navigati, reinventandone le cartine geografiche con nuove rotte. Che creativamente si sia già inventato tutto è una palese evidenza, ma il tutto è rigenerabile e ri-innestabile. Negli anni sono tornati di moda i jeans a zampa di elefante, cari all’iconografia di Celentano ai tempi del bianco e nero. Lo stesso vale per gli occhiali da sole da aviatore Ray Ban e ultimamente per le tendenze cromatiche e tessili da beat generation. Il senso estetico pertanto esce fuori con una forte componente individuale, proprio perché è il soggetto a scegliere da quale era storica attingere, e in che modo, far combaciare gli effetti optical anni ’60 con i gusti esagerati degli anni ‘80.
C’è però da puntualizzare che il vintage puro, a differenza del prodotto considerabile “second hand” (usato), è un concetto di moda ben più alto di quel che si pensi. Infatti un prodotto definibile vintage non deve essere mai stato usato, pur essendosi guadagnato devozione nei suoi anni d’oro. Per tanto è quasi più un’operazione collezionistica che una mera forma di abbigliamento.
Antonio P.