Oggi la creatività non può fermarsi ad un disegno. Ideare si, ma anche produrre e vendere. Nessuno meglio di loro può districarsi tra l’alto charme della couture e la freddezza del business: Silvano Arnoldo e Massimiliano Battois.
Come siete nati e cresciuti professionalmente? che futuro sognavate?
Eravamo studenti di architettura a Venezia e lì ci siamo conosciuti. Non avevamo un’idea precisa del dopo e quindi un po’ per caso ci siamo ritrovati a progettare non solo edifici, ma anche oggetti di moda. Le prime esperienze di lavoro sono avvenute proprio in quel periodo. Quella della moda è una passione maturata anche grazie all’esperienza progettuale che l’architettura ci ha dato; un metodo che siamo riusciti ad applicare in questo campo. Siamo entrati da Mila Schon alta moda, ancora studenti e quasi per caso. Lei è sempre stata vicina al mondo dell’arte e del design: rigore e pulizia di linee, strutture architettoniche dei capi.
Negozianti, insegnati e stilisti. Qual è ruolo a voi più congeniale?
Ci sentiamo progettisti, capaci di seguire l’intero percorso delle proprie collezioni; dalla progettazione alla realizzazione, fino alla distribuzione, interloquendo in prima persona con il cliente finale. Il ruolo di insegnanti è in qualche modo poi, ciò che completa il cerchio. Nel senso che completa professionalmente la nostra figura, insegnando e “imparando” dai giovani, che sono più liberi e meno condizionati da logiche commerciali
Da osservatori, quindi, sia del mondo dei “giovani” che di quello degli “adulti”, quale ritenete oggi sia più duro e quale metodo consigliereste per sopravvivergli?
In questo momento forse le difficoltà sono comuni a tutti i mondi. È più difficile pensare a lungo termine in generale, fare progetti sul futuro. Tutto è estremamente incerto e imprevedibile.
Credo però che questo sia utile per crescere ulteriormente, per esaltare le eccellenze e rafforzarci. Vedo molti ragazzi o adulti che credono in quello che fanno e ci mettono tutto il loro impegno e la loro forza; è questa l’unica via per arrivare vivi alla meta.
La vostra ultima collezione, incastra nel contesto couture, metalli e colori neon. Voglia di attirare l’attenzione di una clientela più pop o prossima evoluzione della sartorialità?
Abbiamo cercato come sempre di realizzare oggetti che vestono, senza tempo. Abbiamo ricercato un nuovo lusso contemporaneo, che ha forti legami con il mondo dell’arte, del design e che trae profonda ispirazione dalle tecniche sartoriali della tradizione, contaminandole con il presente, proprio per generare una nuova sartorialità; più “fresca”, più soft, più liquida.
Siete diventati celebri grazie ad Who’s on the next. I concorsi di moda, in generale, sono la nuova ossessione degli ultimi anni. Voi che opinioni avete a riguardo?
I concorsi sono sicuramente la novità degli ultimi tempi e danno la possibilità unica di avere la visibilità che non si potrebbe raggiungere in modo autonomo. Servono da trampolino di lancio e poi ognuno deve trovare il proprio percorso in modo indipendente. I concorsi sono degli incubatori che ti fanno crescere all’inizio e se ne hai la forza e le capacità, ti permettono di iniziare a camminare da solo. Credo che poi, si innesti un meccanismo di “selezione naturale”; devi dimostrare di essere completo, spaziando dalla progettazione alla promozione, passando per la distribuzione. Bisogna dimostrare di essere ottimi designer ma anche ottimi imprenditori.
Nel mondo della moda tutto procede lentissimo o velocissimo. In questi ultimi anni avete avuto grosse soddisfazioni, ma riuscite a godervi a pieno tutto quello che vi succede?
I ritmi sono sicuramente frenetici e non c’è molto spazio per fermarsi e riflettere su quanto ci accade attorno. Ma le soddisfazioni che riceviamo ci permettono di avere nuova linfa con cui alimentare i progetti futuri. Il percorso sarà sicuramente lungo, ma ogni piccolo step è la base su cui continuare per consolidare questo progetto; mattone dopo mattone.
Grazie.
Antonio P.