«Nell’album c’è tanta rabbia? È proprio quello che volevo esprimere: dovevo essere onesto con quelli che aspettavano un mio nuovo disco da tre anni, che sono stati lunghi e inquietanti: la crisi non è solo economica ma sociale e comportamentale. Ha a che fare con il bisogno di potere, con le conseguenze prodotte da chi vuole conquistarlo a ogni costo e a ogni costo mantenerlo. Non c’è solo pessimismo, ma tanta, troppa delusione», dice Ligabue. Che parlando dell’Italia che vede viaggiando per le tournée dice: «È il mio Paese e si merita di meglio della burocrazia, delle beghe, delle poltrone». E poi: «La politica non fa per me: mi sono illuso di poter fare qualcosa per la musica ma dopo poche sedute mi sono dimesso».
Sul milione e 600 mila euro di guadagni come diritto d’autore che gli viene attribuito dice: «Se le fonti sono della Siae, la Società degli autori ed editori, quando si pagano le tasse si sta tranquilli: adesso presidente è Gino Paoli che ha subito imboccato la via della trasparenza e si è schierato contro l’illegalità».
Nell’intervista a OGGI, inoltre, Ligabue ringrazia l’ex presidente dell’Inter Moratti «che ci ha messo l’anima, il cuore e anche il portafoglio» e di cinema da fare («Ora non posso, ma se mi viene un’idea per un terzo film non mi fermo di sicuro») e da vedere («Esco di rado, vedo tutto in Dvd. Mi piacciono anche i telefilm, sono ossessionato dall’ultima serie di Dexter»).